Sei in: Home / La Scuola - Ricordare / Maristella Bussani

Ricordo della Professoressa "Maristella Bussani"

 

Un giorno chiesi a un saggio: "Si può dimenticare una persona?"
Lui mi rispose: "Si può dimenticare una persona per cui hai riso, ma non si può dimenticare una persona per cui hai pianto."

 

Quando in cattedra c'era la prof. Bussani

Lettera pubblicata dal quotidiano "Il Piccolo" il 27/12/2005

Capita raramente, durante la vita scolastica di incrociare un professore che lascia un segno, un'impronta. Quella persona ti fa riflettere, e se magari non ci penserai nell'esatto momento in cui t'imbatti in lei, ci ripenserai negli anni futuri quanto riguarderai quei tempi con un'altra testa e maturità, allora ti accorgerai quanto sono state preziose per te quelle parole dette in quel preciso momento in classe, quei consigli e a volte rimproveri lanciati con calore quasi materno. La professoressa Bussani era tutto questo, ma era qualcosa di più.

Arrivata ai tuoi ultimi tre anni nell'Istituto tecnico commerciale "G.R. Carli", t'imbattevi in una donna minuta, che accoglieva la classe nuova con tanta ironia, sarcasmo e ben poche smancerie. La "Bus", come la chiamavamo, non era un classico stereotipo d'insegnante, non era la prof. "che picconava" facile ma neanche quella con cui potevi far casino. Maristella Bussani era una che ne sapeva, ogni sua frecciatina mi faceva sorridere e maturava in me, ogni volta di più, la consapevolezza di quanto ancora avrei dovuto imparare per arrivare ad essere una persona del genere. La sua stima te l'andavi a cercare man mano che ci passavi gli anni insieme, e lei te la dava, perché nel suo lato umano rientrava anche la forte capacità di capire i suoi studenti e saperli affrontare. Non te le mandava di certo a dire la Bus, schietta e sincera finalmente una professoressa che ci trattava da persone adulte. Il bagaglio personale che poteva regalare ad ogni sua classe era stupefacente, le maniere di fare lezione del tutto personali e antiscolastiche, se per esse s'intendono lo staccarsi dal libro di testo e il raccontare a ruota libera avvenimenti storici o letterari, seguendo per lo più qualche quotidiano per insegnarci ad essere soggetti attivi della nostra società. Il rimpianto è di non averla cercata abbastanza dopo il termine degli studi. La tristezza ora di non poterla più trovare per un suo semplice consiglio o un ancor più semplice mio grazie.

Cristina Polselli

 

Lettera aperta a una professoressa

Con un carattere chiuso e taciturno, che riusciva a far affezionare i suoi studenti ai quali luccicano gli occhi ricordandola.

E' mezzogiorno ed è il sabato di carnevale. Piove a dirotto e in auto non riesco a sentire bene nessuna stazione radio. Solo radio Maria e Radio Rai. Mi sintonizzo su quest’ultima. Ascoltando, la voce mi pare da subito familiare, mi sembra di conoscere chi parla di persona. Un particolare del suo modo di parlare cattura la mia attenzione, la pronuncia della “r”. Sono sicuro.La giornalista che sta conducendo il programma me ne da poi la conferma. A parlare era Lei.

Mi sono venute in mente delle parole lette qualche sera prima. Mitch Albon nel suo best seller "Le cinque persone che incontri in cielo"…..afferma a proposito della morte del protagonista: "Non puoi vedere la persona cara sorridere, non le porti da mangiare, non le arruffi i capelli né la fai volteggiare sul pavimento quando balli. Ma quando questi sensi si indeboliscono, un altro si rafforza. La memoria. La memoria diviene la tua compagna. Tu l’alimenti, la serbi, ci danzi insieme."

Questo mi è successo in quell’auto in questo freddo sabato di febbraio, quella r pronunciata "un po’ così", mi ha fatto tornare in mente moltissimi episodi, moltissime spiegazioni, moltissimi rimproveri. Ho danzato un bel po’ con la mia memoria.

Ricordo ancora quando ha iniziato a non venire più a scuola, quasi un anno fa, nel periodo prima delle vacanze di Pasqua. Noi, ingenuamente, quella notizia l’avevamo presa bene, perché doveva iniziare ad interrogare proprio quel giorno. Se lo ricorda vero? Per noi era semplicemente uno "scampato pericolo", anche perché la mole di lavoro e la sua intensità non erano da poco. Ma poi i suoi giorni d’assenza sono aumentati, fino all’arrivo della supplente e alla notizia che probabilmente non ci avrebbe più interrogato lei.

È quasi notte mentre scrivo queste righe, mi affaccio alla finestra e guardando il cielo, mi sembra di scorgere una stella diversa dalle altre, con gli occhiali, i capelli a caschetto e la r pronunciata "un po’ così". È possibile?

Matteo Gerli

 

Maristella Bussani

Non amo indugiare sulle tragedie della vita. Di fronte alla morte rapida e crudele di una collega, colpita nel pieno delle capacità e dell’attività intellettuale, non c’è altra via che lavorare sodo, soprattutto per chi, come me, la sostituisce in quella che è stata per lungo tempo la sua cattedra presso il nostro Istituto.

Maristella era una professoressa amata dagli studenti perché non era un leader. Sobria, schiva, ma dotata di ironia e coltissima: qualità che la sua cerchia conosceva molto bene e che è tutto il contrario dell’apparenza tumultuosa che va tanto di moda ai giorni nostri. In questo senso Maristella era un’educatrice nel vero senso della parola perché non cercava accomodamenti e facile consenso, ma professava la sua disciplina sapendo che bisogna che gli studenti imparassero a rispettarla.

L’incontravo nella piccola saletta dei professori nella succursale di via del Teatro Romano: parlavamo dei nostri genitori anziani e di Foscolo piuttosto che di Verga. Abbiamo spesso riso assieme, sui guai della scuola, sulla correzione dei temi d’italiano che non finisce mai, sulle vacanze estive che agognavamo come due studenti scapestrati. Non posso nascondere che andandotene così presto e all’improvviso, mi hai tirato un bel bidone vecchia compagna di scuola.

Marco Coslovich

 

Cara Maristella

non potrò più parlare con te di una nostra comune grande passione: il cinema. E mi mancherà. Ricorderò sempre i tuoi commenti perché con te era bello parlare, coltissima e entusiasta, ma nello stesso tempo pacata e interessata alle idee altrui, timida e schiva, ma nello stesso tempo sicura delle tue opinioni. Sei stata una grande insegnante e una grande persona. Anche nella malattia mi hai dato degli insegnamenti che non dimenticherò. La tua presenza discreta è stata per noi colleghi e per i tuoi studenti molto importante. Ci mancherai tanto.
Un bacio,

Marinella